I neogenitori interessati alla valutazione delle eventuali anomalie cromosomiche del nascituro possono oggi scegliere tra diversi test di screening e di diagnosi. Come muoversi?

Amiocentesi, villocentesi e cordocentesi fanno parte degli storici test di diagnosi fetale invasivi, ovvero test che in modi diversi possono diagnosticare un'alterazione del numero dei cromosomi del feto.
Diagnosi quindi è la prima parola da tenere a mente. La seconda è invasivi. Test cioè che presentano rischi, anche se bassi, di perdita della gravidanza. Nello specifico, come riportato dal Ministero:

  • Amniocentesi: il rischio di aborto, collegato all’invasività della tecnica, è calcolato in circa 1:200 (0,5%) casi, ma varia ampiamente in rapporto all’esperienza dell’operatore.
  • Villocentesi: il rischio di aborto, collegato all’invasività della tecnica, è circa 2-3%, ma varia significativamente in rapporto all’esperienza dell’operatore.
  • Cordocentesi: il rischio di aborto, collegato all’invasività della tecnica, è circa 2%, ma varia significativamente in base all’esperienza dell’operatore.

Questi test sono gli unici ad oggi ad fare diagnosi.

A questi si sono affiancati negli anni altri test definiti di screening. Cosa cambia?
I test di screening non fanno diagnosi, quindi non possono per loro natura dare una risposta certa riguardo una patologia (facciamo il caso della più frequente Sindrome di Down), ma indicano la probabilità che quel feto possa avere o meno una certa patologia.

Tutto sullo Screening prenatale non invasivo basato sul DNA (NIPT)

Tra questi, il NIPT (Non Invasive Prenatal Testing), ovvero lo screening prenatale non invasivo basato sul DNA, sta prendendo sempre più piede tanto che il Ministero della Salute ha pubblicato a luglio scorso delle Linee guida dal titolo "Screening prenatale non invasivo basato sul DNA-NIPT".

Il documento allinea l’Italia agli altri Paesi europei nella previsione di offrire questo test a circa 50.000 potenziali utenti ogni anno. Considerato che il NIPT è il test prenatale non invasivo maggiormente sensibile, si legge sulla linea guida, è necessario che, a livello centrale (Ministero della Salute, SSN) e regionale (SSR), venga presa in considerazione la sua introduzione come test di screening di prima o di seconda scelta, per il monitoraggio delle principali anomalie di numero dei cromosomi fetali. In Inghilterra, ad esempio, su proposta dello UK National Screening Committee (UK NSC), le autorità stanno valutando la possibilità e l'opportunità di introdurre il NIPT in tutto il territorio inglese.

Come funziona?

Durante le prime settimane di gestazione l'embrione è nutrito da cellule del trofoblasto che contribuiranno a formare la placenta. Alcune di queste rompendosi naturalmente riversano nel sangue materno il DNA fetale in esse contenuto, sotto forma di frammenti. Già a partire dagli anni sessanta erano state osservate cellule con cromosoma Y nel sangue di donne in gravidanza in attesa di un maschio. Le indagini svolte negli anni successivi sono riuscite a individuare anche, nel 1997, DNA circolante acellulare appartenente al feto sempre nel sangue materno. Questo materiale, grazie a nuove sofisticate tecniche, è facilmente isolabile seppur presente in minime quantità, perché ha caratteristiche che per il 50% derivano dal padre. E così è stata messa a punto la NIPT.

Cosa rileva?

L’indagine è al momento mirata e validata per le tre principali alterazioni del numero dei cromosomi (T21, T18, T13), ovvero Sindrome di Down, Sindrome di Edwards e Sindrome di Patau. Queste anomalie cromosomiche riguardano solo una parte, sia pure significativa (50-70%), delle alterazioni cromosomiche eventualmente presenti nel feto. Gli studi in corso stanno valutando la capacità della tecnica anche di dare informazioni utili sulle altre alterazioni, ma i risultati in questo caso ancora devono essere validati su larga scala.

Come si effettua?

A livello operativo per l'indagine è sufficiente un prelievo di sangue di circa 10 mL che viene normalmente effettuato durante la decima settimana di gestazione. I risultati sono di media disponibili dopo una settimana. Questo test può essere eseguito fino a gravidanze di due feti e in caso di risultato positivo occorre una consulenza genetica e un approfondimento diagnostico solitamente mediante tecniche invasive.

Dove farlo?

Al momento, in Italia, il NIPT viene proposto presso alcuni poliambulatori e laboratori privati, per lo più collegati con aziende commerciali, che si fanno carico di eseguire materialmente il test, i cui risultati sono stati validati dai documenti prodotti da alcune Società Scientifiche. Il costo si aggira mediamente intorno ai 600 euro (dai 350 ai 900 circa).  Sono almeno cinque le aziende mondiali che possiedono la tecnologia per effettuare la NIPT.

I risultati

Nello scegliere il test da eseguire è importante individuare quelli che sono stati validati,  che presentano cioè un basso numero di falsi positivi (ovvero un falso allarme) e una elevata sensibilità (ovvero la capacità d'individuare in una popolazione di riferimento i soggetti malati) e il cui esito è stato valutato su una casistica molto ampia. I test genetici su sangue materno validati presentano dati molto interessanti:

Sindrome di Down: sensibilità 99,2%, falsi positivi 0,09%
Sindrome di Edwards sensibilità 96,3%, falsi positivi 0,13%
Sindrome di Patau: sensibilità 91%, falsi positivi 0,13%

Il test, sottolinea il Ministero, deve essere preceduto da un’ecografia e dalla consulenza pre-test, che ha il compito di illustrare il significato del test e tutte le opzioni alternative disponibili per il monitoraggio della gravidanza. Prima del test deve essere acquisito il consenso della donna e specificato l’uso dei campioni biologici residui.

I limiti

In almeno il 2% dei casi, il campione acquisito non è idoneo ad essere refertato, e l'analisi quindi non risulta informativa. "L’esperienza di alcuni genetisti ed ostetrici evidenzia nel nostro Paese diverse realtà - si legge sulla linea guida- : da un lato, alcune strutture applicano un protocollo informativo di consulenza pre-test e post-test; dall’altro lato, numerose pazienti candidate al test lamentano di essersi confrontate con l’uso, talvolta tendenzioso, dei dati scientifici , l’approssimazione nella comunicazione dei limiti del test, la carenza delle consulenza pre-test e post-test, l’inadeguatezza del consenso informato".

Secondo quanto si legge sul The Guardian, Anne Mackie, Direttore dei programmi di screening presso Public Health England, ha dichiarato che anche se le sperimentazioni evidenziano una maggior precisione del NIPT rispetto agli esami attuali, rimane ancora qualche dubbio da chiarire suo utilizzo in modo esteso a tutta la popolazione e alla sua accuratezza nel rilevare le sindromi di Patau e di Edwards.

Come dire, un test che sembra avere un potenziale grande e in crescita, grazie all'avanzare delle tecniche diagnostiche di laboratorio, che deve però ancora raccogliere altri dati su scala più ampia per poter, si spera, consolidare i dati già importanti fino ad ora raccolti e permettere a sempre meno donne (o almeno meglio selezionate) di ricorrere alle metodiche invasive di diagnosi. 

Articolo di Caterina Lucchini, biotecnologa

Ritratto di Caterina Lucchini

Posted by Caterina Lucchini

Biotecnologa. Appassionata di embriologia e fertilità. Mamma. Viaggiatrice. Scrivo di medicina, farmacologia e scienza, ma non chiamatemi giornalista!